Marco Colonna : clarinet, bass clarinet
Recorded and mixed by Marco Colonna
March-April 2019

photo by Alessandro Lisci

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Una volta i musicologi attenti alla musica "colta" contemporanea, li avrebbero definiti in gergo bizzarro ma efficace, suoni parassiti...
Circolava, tra l'altro, un testo Cult scritto da Mario Bortolotto, proprio su queste tecniche particolari prodotte ed applicate agli strumenti ad ancia e di conseguenza pure una scrittura, una semiografia dedicata.
Nella musica Jazz ed in quelle ad essa in qualche modo affini, non c'era questa metodica scientificità ma queste tecniche venivano ugualmente cercate e utilizzate, anzi, hanno finito per diventarne una delle maggiori peculiarità.
Ma se negli anni in cui questa ricerca e catalogazione veniva affiancata ad un "linguaggio" ancorato a forme riconoscibili nel loro impianto tradizionale, lo spirito de-costruttivo di alcuni autori ha finito per far convergere questi suoni con un linguaggio a se, autosufficiente sul piano estetico generando pure una forte riconoscibilità nell'espressione di alcuni tra loro. Ora, mi si perdoni la citazione poco forbita e che transita, a dispetto dell'oggetto in analisi, in un ambito più squisitamente 'mainstream', ma mi piace pensare a questo nuovo lavoro di Marco Colonna, come al seguito della pellicola cinematografica di Ridley Scott "Blade Runner", e cioè "Blade Runner 2049"....
L'anello di congiunzione tra il finale del primo capitolo ed il nuovo, cioè la volontaria dipartita del replicante nel desiderio di umanizzarsi, viene qui a compimento e cioè ad assistere ad un mondo post-umano in cui il replicante non è più oggetto o soggetto esterno o estraneo, ma invece parte integrante di un sistema in cui ogni elemento ha valore in sé e diventa parte considerabile di un tutto. Marco Colonna è un instancabile runner, e ci ha abituato a ritrovamenti ambiti, ad accostamenti sempre intriganti e soprattutto che generano nuovi quesiti. Questo suo lavoro in solo "Second Coming" parte dai versi di Yeats del 1919 e come in questi pare annunciare (come nella saga di Blade Runner da me citata poc'anzi), la fine di un’era e l'avvento di una fase diversa. Il respiro affannato, misto a brandelli di suoni a varie altezze, vagamente raggruppati in cellule motiviche: nel brano di apertura "Under pressure", la
manipolazione dei suoni sembra definire contorni e perimetri di questo ambiente e dei caratteri che lo popoleranno.
"Dust", il brano che segue, è perfetta mimesi tra materialismo acustico e ologramma elettronico, tra rumor bianco e percussione. Il "Colonna" si avventura poi, con “Subinterference” in un cunicolo urticante realizzato con armonici sovracuti in flutterzunge (tecnica clarinettistica definita anche volgarmente 'frullato'), trasportandoci in una sotterranea condotta acquifera o chissà in un silos reverberato di una qualche remota zona abbandonata. Ogni tappa diventa quindi la stazione di una rete interurbana in cui ogni articolazione sonora, ogni lessico timbrico, ogni vortice fiatistico finisce per comporre la mappa nientaffatto definitiva ma pure molto chiara di un linguaggio compiuto e quindi non più parassita. Lo Spiritus Mundi che viene evocato nella poesia di Yeats, ed identificato con un’anima universale integrata all'insieme di coscienze individuali è, in questo nuovo lavoro di Colonna la sua trasfigurazione sonora perfetta.

In the past, musicologists careful about contemporary “serious” music would have defined those sounds with a bizarre but effective gergon, as parasite sounds…
Moreover, there was a cult text written by Bruno Bartolozzi, and it was exactly about these particular techniques, produced and applied to reed instruments, so there was also a dedicated notation.
In Jazz and other somehow similar music, such a methodic scientificity did not apply, even if these techniques were searched for and used, to the extent they have become one of the main features of that music.
But if through the years such a research and cataloguing where combined to a “language” rooted in recognizable forms - due to their traditional scheme, the deconstructive mood of some authors has made these sounds converge into an autonomous language, self-sustainable in terms of aesthetic, even creating a strong recognizability in the expression of some of them. Now, let me apologize for my not-so-flowery quotation that goes, despite the matter under analysis, into a more purely mainstream sphere, but I like to think of this new work by Marco Colonna as the sequel of Ridley Scott’s movie “Blade Runner”, that is to say “Blade Runner 2049”…
The link between the end of the first chapter and the new one, that is to say the voluntary departure of the replicant due to its desire to become human, is accomplished here, with the witnessing of a post-human world where the replicant is no longer an external or foreign object or subject, it is an integral part of a system where every element has its own value by itself and becomes a remarkable part of a whole.
Marco Colonna is a restless runner, who has got us used to sophisticated findings, to always fascinating environments and combinations leading to new questions. His solo work “Second Coming” results from 1919 Yeats verses and it seems to announce, as they do (as well as the above mentioned Blade Runner saga), the end of an epoch and the beginning of a different phase. The laboured breathing mixed with different pitch sound scraps, vaguely grouped into micro tunes: in “Under pressure” - the first track, sounds manipulation seems to define the boundaries of this environment and its future attitude. “Dust”, the second track, is the perfect imitation of acoustic materialism and electronic ologram, between white noise and percussion. With “Subinterference”, Colonna moves into an itching tunnel made with flutterzunge overtone harmonics (a clarinet technique also known as flutter-tongue), taking us to an underground water line or maybe a reverberant silo in some remote abandoned area. Every step thus becomes the station of an inter-urban network where every sound articulation, every tonal lexicon, every brass whirpool makes up the not definitive but extremely clear map of a full language, which is no longer a parasite one. The Spiritus Mundi evoked in Yeats’ poem, identified with a universal soul integrated to the whole singular consciousness is, in this new work by Colonna, its perfect sound transfiguration.

Text by Roberto Ottaviano
Translation by Federica Siervo